«La Patria per me è la lingua», il primo amore di Lodovico Terzi

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Libro del mese / Settembre. Questo librino di Lodovico Terzi, pubblicato da Einaudi all’inizio dell’estate, vale tutti i libri-furbi di Pansa. È un magnifico memoir che narra i “due anni senza gloria” di un ragazzo borghese arruolato nella RSI e del conflitto personale e famigliare che lo costringe a una maturazione civile e politica. Non mi meraviglia che un libro così difficile e onesto non sia stato candidato in alcun premio letterario.

Oggi Terzi ha 86 anni, abita a Vigevano. Per decenni è stato un finissimo traduttore – Swift, Defoe, Dickens, Stevenson. Ha lavorato per Adelphi, Mondadori, Bompiani e mosso i primi passi nell’editoria in via Biancamano, all’Einaudi, stringendo amicizia con Luciano Foà, Italo Calvino, Carlo Fruttero e Giulio Bollati.

Ha scritto questo libro per mettere ordine al passato, ma soprattutto per dimostrare «il mio amore per la lingua. La Patria per me è la lingua, nel suo significato più ampio: è l’universo linguistico». Un amore che si esprime attraverso uno stile esemplare: 75 pagine che Fruttero ha giudicato «un capolavoro». Mi piacerebbe trovare qualche sinonimo, ma è proprio così, un capolavoro. C’è da segnalare la postfazione di Goffredo Fofi che giustamente colloca l’opera di Terzi in questi anni difficili: Due anni senza gloria va letto ora, adesso.

La vicenda è autobiografica come spiega Paolo di Stefano sul Corriere della Sera: «È la storia di un giovane di una famiglia della borghesia parmigiana, una famiglia vicina al regime pur essendo di tradizione liberale: dopo l’8 settembre, il ragazzo entra all’Accademia militare di Modena, per diventare sottotenente dell’esercito di Salò. Vorrebbe disertare per unirsi alla Resistenza ma rinuncia, assiste alla violenza delle milizie fasciste e alle vendette dei partigiani. In realtà, pur essendo intimamente antifascista, non si schiererà, restando sempre in quella che per Primo Levi fu la “zona grigia”».

La prosa di Terzi è sconcertante per il tono e l’accuratezza dedicata a ogni singola parola, per la profonda onestà con cui analizza le scelte compiute da giovane senza giustificazioni senza riabilitazioni né aggiustamenti con la livella torica. Durante la lettura mi è venuta in mente una riflessione di Celati, semplice e intensa, che ben definisce questo “saper raccontare e condividere” una storia:

Ascoltare una voce che racconta fa bene, ti toglie dall’astrattezza di quando stai in casa credendo di aver capito qualcosa “in generale”. Si segue una voce, ed è come seguire gli argini d’un fiume dove scorre qualcosa che non può essere capito astrattamente. ─ Gianni Celati, Verso la foce, Feltrinelli 1989

Il fascismo non è certo cosa astratta e visto con gli occhi di un diciottenne travolto dal vortice della Storia è restituito nella sua complessità. Terzi non nasconde la gravità assoluta e specifica di ogni scelta personale e politica; pare quasi di riascoltare quanto scrisse sul suo Diario Emanuele Artom, il 29enne partigiano ebreo morto per le torture subite il 7 aprile del 1944 nelle carceri di Torino:

Il fascismo non è una tegola cadutaci per caso sulla testa; è un effetto della apoliticità e quindi della immoralità del popolo italiano. Se non ci facciamo una coscienza politica non sapremo governarci e un popolo che non sa governarsi cade necessariamente sotto il dominio straniero o sotto una dittatura.

Parole che oggi, rilette ad alta voce, suonano pericolosamente “familiari”. Due anni senza gloria (1943-1945) di Terzi si lega a quella ricerca che Artom auspicava per il popolo italiano, ci aiuta a capire come il cammino verso la Liberazione fu la strada più difficile e dolorosa intrapresa da una generazione che – a costo della vita e spesso senza gloria – desiderò un paese giusto, finalmente democratico, attraversando durante il percorso le fitte e grigie nebbie della coscienza umana.

Integrazioni utili. Per chi desiderasse approfondire gli argomenti delicatissimi trattati da Terzi consiglio la lettura di La Resistenza in Italia. Storia e critica (Einaudi) di Santo Peli, autorevole storico dell’Università di Padova, e ovviamente Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza (Bollati Boringhieri) di Claudio Pavone.

Àlen Loreti per BookAvenue

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