Ammettere ciò che altri non osano rivelare

   Tempo di lettura: 2 minuti

Stavros Topouzoglou ha vent’anni e una valigia piena di sogni. C’è qualcosa in lui che è al tempo stesso fragile e intenso, tenue ed energico.
Vicino a lui lavora Vartan Damadian. Ha il viso scuro, un grande naso, la fronte bassa, i capelli folti e le labbra carnose.
E’ il 1896 e Stavros e Vartan sono in Anatolia, una terra di commovente bellezza, una terra verde e fertile che da sempre è un crogiolo di razze e culture. Da lontano vedono il Monte Erzus, con l’armonia delle sue forme, la sua vetta e i fianchi coperti di neve.

 

Tanto tempo prima, l’Anatolia era soggetta alla sovranità di Bisanzio e la abitavano popolazioni greche e armene. Nel 1381, dopo la conquista dei turchi, greci e armeni sono diventati minoranze scomode, non tollerate.

Per Elia Kazan chi scrive “è qualcuno che ammette ciò che altri non osano rivelare”. In America America rivela e racconta in modo autentico e straordinariamente commovente l’esperienza di un immigrato, ma invece di concentrarsi su ciò che accade quando il protagonista giunge negli Stati Uniti, tiene traccia del suo cammino tumultuoso e della fuga dalla sua patria.

E’ un omaggio alle lotte e agli sforzi disperati di tutti coloro che sono fuggiti e hanno portano con sé il destino della loro famiglia. E’ la storia individuale di Stavros Topouzoglou, una vita oppressa da greco in Turchia il cui viaggio in America ha permesso a Elia Kazan di essere l’artista che veneriamo oggi.

Kazan racconta la storia delle origini della propria famiglia e dell’America stessa, un sogno che può essere raggiunto solo attraverso il sacrificio di altre persone e spesso anche con la rinuncia ai propri ideali.
Qui affronta in modo lucido e acuto temi di enorme importanza come il genocidio, la povertà, l’intolleranza etnica, i pregiudizi di classe e le ingiustizie subite da parte degli immigrati negli Stati Uniti.
Molto buona la traduzione di Nicola Manuppelli, sempre eccellente l’edizione Mattioli 1885.
Da leggere molto attentamente. Tra le righe.

Elia Kazan, America America, traduzione di Nicola Manuppelli, Mattioli 1885, 2011.

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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2 commenti

  1. Tra l’altro un oggetto-libro davvero ben fatto per una casa editrice di qualità. Ne scriverò ancora…

  2. é assai difficile sottrarsi dalla lettura di ogni libro che recensisci. Toccherà anche al libro di Kazan che è già nella mia borsa.

    Per la cronaca: il libro è in libreria da pochissimo e rischierebbe di passare inosservato senza questa vera e propria missione civile di sollecitarne l’interesse. Sei un grande.

I commenti sono chiusi.