Il giorno della locusta

   Tempo di lettura: 3 minuti

La casa in cui vive Tod Hackett è in un posto, chiamato San Bernardino Arms, tirato sù dal niente senza nessun criterio estetico. La sua camera è al terzo piano di un edificio alto tre piani col retro e i lati di stucco grezzo non verniciato. La facciata è color senape e le finestre sono bifore incorniciate da colonne moresche color rosa che sostengono architravi che sembrano delle rape.

Quando Tod si sveglia sono già passate le otto. E’ davanti allo specchio e, mentre si sistema il colletto e la cravatta, guarda la fotografia che ha davanti infilata nell’angolo alto della cornice. L’immagine è quella di una bella donna in posa da un cortometraggio che indossa un costume da harem, ampi pantaloni alla turca, corpetto e giacca corta.

Tod si accende una sigaretta e inala una boccata nervosa. Ricomincia a tormentarsi la cravatta, ma è costretto a fissare ancora lo sguardo sulla fotografia.
Per lui quella donna, Faye Greener, è una sorta di sfida, una lotta dura e feroce da combattere. “Con affetto, la tua Faye Greener” c’è scritto a penna dietro la foto. Leggendo quella scrittura aggraziata Tod pensa che gettarsi su di lei è come buttarsi dal parapetto di un grattacielo…

Ambientato a Hollywood durante la Grande Depressione, Il giorno della locusta è un romanzo sull’alienazione e la disperazione di gente che negli anni ’30 vive ai margini della “fabbrica dei sogni” del cinema. Viene spesso descritto come il miglior romanzo mai scritto su Hollywood, un classico di culto che arriva al cuore di una società.

C’è tanta satira in questo un capolavoro dimenticato, un esemplare e magistrale romanzo sulla solitudine. C’è, soprattutto, qualcosa di profondamente umano: i personaggi sono un guazzabuglio di perdenti, degli individui alienati che sono caricature grottesche incapaci di vedere oltre i propri limiti.

Hollywood è in un certo modo la metafora dell’America degli anni ’30 ed è, simbolicamente, il punto più lontano della frontiera americana, il focolaio di nuove speranze per la realizzazione del grande sogno americano.
Scriveva Elio Vittorini che Nathanael West identificava l’America con Los Angeles e “il comportamento quotidiano dell’uomo medio col comportamento frenetico d’una folla di attori mancati o di gente, comunque, che ha voluto assicurarsi la felicità stabilendosi in California”.

Eccellente l’edizione di Mattioli 1885, prima uscita nella nuova collana ORIGINALS che ripropone grandi successi editoriali del passato con una cura tutta particolare per la grafica originale. Sempre impeccabile la traduzione di Nicola Manupelli.

Nathanael West
Il giorno della locusta
(traduzione di Nicola Manupelli)
Collana ORIGINALS
Mattioli 1885

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Marco Crestani

"In una poesia o in un racconto si possono descrivere cose e oggetti comuni usando un linguaggio comune ma preciso, e dotare questi oggetti - una sedia, le tendine di una finestra, una forchetta, un sasso, un orecchino - di un potere immenso, addirittura sbalorditivo. Si può scrivere una riga di dialogo apparentemente innocuo e far sì che provochi al lettore un brivido lungo la schiena… Questo è il tipo di scrittura che mi interessa più di ogni altra. Non sopporto cose scritte in maniera sciatta e confusa…"(Raymond Carver)
http://libereditor.wordpress.com/

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4 commenti

  1. Ci sono tornata. Quando ho scritto il post, il libro non era ancora stato distribuito. Ho comprato l’edizione di Mattioli 1885. Grazie in ogni caso a entrambi.

    lory

  2. Ciao Lory,
    ti segnalo che il libro di West è stato ristampato nel 2011 anche dai tipi di “Nobel”: un marchio del consorzio Milonga; il costo è di 13.00 (nel caso non riesca a trovarlo nell’ottima edizione di Mattioli 1885.) Per quello che serve: nella mia libreria sono disponibili entrambe le edizioni.

    Così la smetti di andare “solo” in Feltrinelli. Guarda se nella tua città c’è una Mondadori

    M.

    ps
    ciao Marco!

  3. Insisti… ne vale la pena.

  4. Vuoi ridere? Finito il turno in ospedale, sono andata alla Feltrinelli a chiedere il libro. Alla prima richiesta ad una giovane libraia mi ha chiesto: “1885”? Come dire, “è di antiquariato? Per fortuna c’era affianco un collega evidentemente più esperto che…l’ha messa sul ridere. Ma la gaffe della ragazza l’ho colta. Per dire che avevo solo voglia di dare un’occhiata al libro dopo aver letto la tua bella scheda. Per la cronaca: non l’hanno trovato (o forse non l’avevano) due miserie in una libreria sola. Loredana

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